Finalmente il 21 febbraio prossimo uscirà in Italia un libro che è già best seller nel resto del mondo. Si tratta di “The gentle art of swedish death cleaning” e tradotto suonerebbe più o meno come “La gentile arte della pulizia svedese della morte”. In italiano, purtroppo, è stato stravolto con un più politicamente corretto “La nobile arte svedese di mettere in ordine. Sistemare la propria vita per alleggerire quella degli altri”.
A questo libro dedicherò un articolo intero prossimamente, ma è interessante sapere cosa ci racconta, perché l’approccio è molto innovativo: in pratica l’autrice raccomanda di disfarci di quanta più roba possibile prima della nostra morte, in modo da lasciare meno oggetti e meno documenti da gestire ai nostri cari. Una prospettiva nuova, pragmatica, per molti irriverente, nei confronti della morte. Da professional organizer mi sembra un procedimento molto sensato e giusto. Ma temo che in Italia, per come è concepita la morte e per la scaramanzia che ne accompagna i rituali, sarà una pratica che non avrà larga diffusione. D’altro canto è vero che, da un punto di vista psicologico (premetto che non sono psicologo e non mi permetto formulare alcun tipo di teoria) avere “il peso” di dover gestire oggetti di chi non c’è più può avere anche una funzione utile, cioè aiutare l’elaborazione del lutto da parte di chi rimane. La spiegazione l’ho trovata in un articolo molto ben realizzato ed esaustivo scritto dal terapeuta Dottor Carlo Di Stefano (chi volesse approfondire trova l’articolo intero qui https://www.dicarlostefano.it/lutto/il-lutto-come-elaborarlo/ ): il delicato processo dell’elaborazione si articola in otto tappe; a metà, troviamo la quarta tappa, che viene definita: “doveri connessi al lutto”, durante la quale viene suggerito di provare a mettere in atto qualche gesto che faccia realizzare il cambiamento e che, allo stesso tempo, faccia sembrare che si sia accettata la mancanza del caro scomparso e che si sappia gestire. Tra queste azioni, viene citato proprio il rimettere a posto la casa. E, di conseguenza, gli oggetti, i vestiti, i documenti. Gestire e prendere decisioni sugli oggetti, quindi, assume un valore catartico, legato alla realizzazione e all’accettazione della morte, nonché al sapervi far fronte. Da quello che intuisco, lo si fa inizialmente quasi come interpretando una parte, per convincersi di saperlo fare, per prendere sicurezza e, un po’ alla volta, riuscendoci davvero. Dover gestire un certo quantitativo di oggetti lasciati da un caro defunto, quindi, diventa un punto molto importante per aiutarci ad elaborarne la mancanza e portare avanti il processo dell’elaborazione del lutto. Proprio in quest’ottica, da qualche mese ho iniziato una collaborazione con Ivan Trevisin Agenzia di Onoranze Funebri, a Treviso. Sempre all’avanguardia nel proporre ai propri clienti dei servizi accessori a quello funebre inteso in modo classico, per offrire un prodotto completo e di valore nel tempo, Ivan Trevisin ha capito il rilievo e la forza della Pulizia del lutto: aiutando le persone nello scegliere, gestire e organizzare gli oggetti lasciati da chi non c’è più, intervengo con un supporto esterno e distaccato, perciò più pratico e organizzativo, per portare a termine un lavoro gravoso che spesso si è costretti a fare, per l’appunto, durante l’elaborazione del lutto, quando si è provati, fragili, poco lucidi. Che ne pensi? Ti va di condividere la tua esperienza di elaborazione del lutto?
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Maggio 2019
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