Ok, lo ammetto, il titolo è provocatorio. Non sono un fondamentalista anti-ferro-da-stiro.
Però, quando penso allo stiro, ho in mente questa scena: generazioni di mamme, zie e nonne che stirano di tutto e di più: mutande, calzini, canottiere, lenzuola, asciugamani… Stirano e stirano, nei pomeriggi, di sera, per ore ed ore. Hai mai pensato a quanto tempo sprechiamo ogni anno per stirare indumenti che dopo poco si sgualciscono? Te lo dico io, in media 3 ore a settimana. E a quanta energia elettrica occorre? A seconda dei ferri da stiro (potenza, data di produzione) e dal nostro contratto per l’energia, spendiamo dai 2 ai 6 euro all’ora. Non proprio poco, eh? Inoltre, stirare per molte ore procura mal di schiena, al braccio e alla spalla. Chi è alto, poi, potrebbe aggravare problemi posturali già esistenti. Senza contare il fatto che il ferro da stiro è causa di alcuni incidenti domestici pericolosi, come le scottature e le cadute (quel filo della corrente che penzola… Mai inciampato?) A ORGANIZZIAMO tutto ciò non piace: è poco sostenibile, poco ecologico, poco pratico e poco efficiente. Ma allora, cosa facciamo, sdoganiamo le pieghe e ce ne freghiamo? In alcuni paesi d’Europa lo fanno, ma l’italiano dall’animo elegante che è in me ti suggerisce una soluzione di mezzo! IMPARIAMO A SELEZIONARE Innanzitutto selezioniamo. Non bisogna stirare tutto o niente. Impariamo a capire cosa è il caso di stirare. Le lenzuola che vanno a letto e si tirano da sole una volta stese sul materasso e che comunque in ogni caso sono coperte alla vista? No! Gli asciugamani che si bagnano appena li incominciamo ad usare? No no! I fazzoletti che tanto mettiamo in tasca e si stropicciano sempre? Naaa! La biancheria intima che è nascosta e che si stira quando la indossiamo? Manco per idea! Ecco, tanto per cominciare abbiamo sfoltito un bel po’ il mucchio. STENDI BENE! Anche i capi di abbigliamento più sportivi come t-shirt, pantaloni non eleganti e soprattutto i jeans possono fare a meno del supplizio del ferro da stiro! Come? Con alcuni accorgimenti da adottare quando fai il bucato:
LE ECCEZIONI Ci sono alcuni capi che non potrai proprio fare a meno di stirare: sono le camicie e gli abiti eleganti. Però, anche per questi casi estremi, qualche trucchetto te lo posso dare: prova ad appendere gli abiti eleganti in bagno mentre fai una bella doccia bollente: il vapore ti darà una mano facendo scomparire un po’ di pieghe. Anche una bella passata con l’asciugacapelli può essere una valida alternativa. Delle camicie, invece, quando in inverno le indossi sotto giacche o maglioni, potrai stirare solo colletto e polsini. Questo è un po’ da pigroni, ma, si sa, la pigrizia è la madre dell’inventiva! E tu? Usi altri trucchi per evitare la dolorosa stiratura? O stringi i denti e ti sacrifichi? Oppure, ancora, fai parte di quel ristretto gruppo mitologico di persone alle quali piace stirare?
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![]() Chiacchiere da parrucchiera, animate discussioni da bar, ospitate in radio nazionali: negli ultimi mesi è stata Marie-Kondo-mania: il suo manuale “Il magico potere del riordino” è stato in cima alle classifiche dei best seller, affermandosi come una pietra miliare tra i libri riguardanti lo space clearing e il decluttering. Ovvero su come liberarsi dal superfluo. Il metodo descritto, il famigerato Konmari, è diventato argomento di infinite dissertazioni, che si possono riassumere nella domanda: è geniale o è da pazzi? Io, in quanto professional organizer, ho ovviamente letto attentamente (tre volte!) il libro. E ci ho trovato anche dei buoni consigli. Sistemare i capi nell’armadio in verticale e non in orizzontale è un ottimo metodo. Così come trovo molto giuste le considerazioni elaborate riguardo ai regali: la funzione del regalo è quella di essere ricevuto e di far piacere al destinatario. Una volta consegnato, se il destinatario trovi o meno una funzione all’oggetto e decida quindi di tenerlo o meno, riguarda solamente egli stesso. Quindi dovremmo sentirci liberi di buttare, donare o vendere oggetti che abbiamo ricevuto in regalo. Molto razionale, OrganizziAMO approva! Altri consigli mi sono sembrati invece delle sciocchezze. Ad esempio, usare le scatole delle scarpe per conservare la biancheria non è una trovata molto igienica (e nemmeno esteticamente apprezzabile). Così come buttare via tutte le buste paga non è molto saggio. Ma ci sono quattro aspetti di questo metodo che proprio non condivido. RIORDINO O… BUTTAR VIA? Prima di tutto, la Kondo fa un po’ di confusione. Già dal titolo si fa riferimento al potere del riordino, e lungo tutto il libro lei parla sempre di riordino, ma tale non è, visto che il principio fondamentale ricorrente è “butta via tutto”. Ma riordino significa sistemare ciò che rimane DOPO un’operazione di cernita, non significa buttare via! Ai consigli sul vero riordino viene dato uno spazio marginale, e spesso sono scontati e banali. Non so se sia solo un problema di traduzione internazionale dal termine originale giapponese, ma lo trovo un errore grossolano e fastidioso. IL CARATTERE ORIENTALE Il secondo, grande scoglio nella lettura del libro è il suo essere molto “giapponese”. Cosa intendo? É bello ed interessante leggere come Marie consigli di salutare la propria casa quando si rientra o di ringraziare i vestiti per il loro servizio prima di buttarli, o ancora di svuotare completamente la borsa e persino il portafoglio alla sera, perché si meritano di riposare durante la notte; bello ed interessante perché ci avvicina ad una cultura differente dalla nostra, che ha un rapporto con gli oggetti giustamente diverso. Però, avendo comprato questo libro per ricevere consigli sull’organizzazione, quindi di ordine pratico, da utente occidentale lo potrei trovare irritante. Proprio perché sono metodi che non fanno parte della nostra cultura, e quindi non se ne trova un’applicazione pratica. Fanno passare in secondo piano il contenuto del libro che, scevro di queste “baggianate orientali” -ho letto in una recensione-, sarebbe più utile ed immediato. PERFEZIONE O NON PERFEZIONE? Marie poi consiglia di puntare alla perfezione e bandire ogni incertezza, quando si passano in rassegna gli oggetti e si riordina. Ma perché, dico io? Il voler raggiungere la perfezione porta solo alla paralisi. Perché non si può controllare tutto e si rischia di creare una situazione stressante, arenandosi. Perché, decidendo se buttare via o meno oggetti che abbiamo usato e ci sono stati cari, è normale, comprensibile e giusto avere delle incertezze. E’ umano. Basterebbe riporre questi oggetti in uno scatolone, applicarci un’etichetta con la data e metterlo da parte. Dopo sei mesi o un anno, riprendendolo in mano, sapremo se quegli oggetti erano davvero superflui o meno. Senza avere fatto violenza su noi stessi. IL DECLUTTERING SELVAGGIO Di conseguenza, non apprezzo nemmeno il modo dell’autrice di insistere sul buttar via tutto, sempre, in modo quasi convulso, non preoccupandosi delle conseguenze. Mi sembra un po’ irrispettoso e superficiale, perché non tiene conto del fatto che i nostri rapporti con gli oggetti sono delicati e personali:è giusto spronare le persone a non sommergersi di ciarpame ed evitare di restare aggrappati ad un passato che si dovrebbe lasciar andare, ma non è giusto farlo in modo avventato e omologato. Oltretutto è un metodo molto poco sostenibile: in quest’epoca non è concepibile parlare di gettar via. A meno che non si tratti di oggetti davvero usurati o irrecuperabili, le parole da usare sono dono, riciclo, recupero, seconda vita. In conclusione, Konmari o non Konmari? Io vi consiglierei di leggere il libro, se l’argomento vi interessa, ma di selezionarne attentamente i contenuti. Modi di vedere troppo rigorosi ed intransigenti non portano mai a buoni risultati. In ogni caso preparatevi e armatevi di pazienza: come ogni manuale sulla crescita personale che si rispetti è ossessivamente, infinitamente, drammaticamente ripetitivo! |
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Maggio 2019
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